Tortellini in brodo
Primi piatti
Un primo piatto di pasta ripiena della tradizione emiliana. La leggenda dice che il tortellino abbia la forma dell'ombelico di Venere. Comunque è preparato con pasta all'uovo che racchiude un ricco ripieno di lombo di maiale, prosciutto crudo, mortadella e Parmigiano Reggiano stagionato. Una vera gloria della cucina italiana immancabile sulla tavola delle feste.
Ingredienti:
per il ripieno:
200 g. di polpa di maiale
200 g. di mortadella
200 g di prosciutto crudo di Parma
100 g. di parmigiano reggiano stagionato almeno 24 mesi
due uova
noce moscata
sale q. b.
per la sfoglia:
600 g. di farina di grano tenero 00
6 uova
per il brodo:
600 g. di carne di manzo (punta di petto, muscolo posteriore, spalla)
1/4 di cappone
2 litri d’acqua
una carota
una costa di sedano
una cipolla dorata piccola
due pomodorini maturi
sale grosso q. b.
Preparazione:
per il ripieno:
Tagliare il maiale a fettine e macinarlo assieme alla mortadella ed al prosciutto. Grattugiare il parmigiano reggiano. Aggiungere alla carne macinata gli altri ingredienti (parmigiano reggiano grattugiato, le uova, una noce moscata grattugiata e sale) e mescolare bene fino ad ottenere un impasto omogeneo. Ripassare l'impasto al tritacarne per rendere il ripieno più fine ed omogeneo.
per la sfoglia:
Disporre la farina a fontana sul tagliere, rompere le uova al centro ed impastare fino ad ottenere un impasto liscio ed omogeneo. Lasciare riposare l'impasto per almeno un’ora dopo averlo avvolto in una pellicola trasparente da cucina. Tirare con il mattarello l'impasto fino ad ottenere una sfoglia sottile (in alternativa potete utilizzare, per ottenere la sfoglia, una macchina per la pasta). Tagliare la sfoglia, con l'apposita rotella, a quadretti di circa 2,5 cm. di lato. Mettere al centro dei quadretti un poco di ripieno, né troppo né troppo poco. Chiudere i quadretti formando dei triangoli e ripiegando poi i due vertici del triangolo unendoli esercitando una discreta pressione sui bordi con le dita per evitare che si aprano durante la cottura. Arrotolare la base del triangolo verso l'alto congiungendo le estremità ad anello avvolgendolo attorno al dito indice. Mettere i tortellini così ottenuti ad asciugare su di un canovaccio allineati avendo cura che non si tocchino uno con l'altro per evitare che si attacchino.
per il brodo:
Mettere la carne e un cucchiaio da cucina di sale grosso in acqua fredda, accendere il fuoco e fare bollire adagio a fiamma moderata, schiumando di tanto in tanto per togliere le impurità che si formano sulla superficie. Aggiungere le verdure e continuare a bollire per alcune ore a fiamma bassa. Se necessario aggiustare di sale. Scolare il brodo con un colino fitto.
Per la cottura dei tortellini portare il brodo a ebollizione. Quando il brodo bolle buttare i tortellini. Quando i tortellini saliranno a galla lasciarli cuocere ancora un minuto. Spegnere il fuoco e servire ben caldi. A piacere cospargere con parmigiano reggiano grattugiato.
9. Tortellini alla bolognese
Quando sentite
parlare della cucina bolognese fate una riverenza, ché se la merita. È
un modo di cucinare un po’ grave, se vogliamo, perché il clima così
richiede; ma succulento, di buon gusto e salubre, tanto è vero che colà
le longevità di ottanta e novant’anni sono più comuni che altrove. I
seguenti tortellini, benché più semplici e meno dispendiosi degli
antecedenti, non sono per bontà inferiori, e ve ne convincerete alla
prova.
Prosciutto grasso e magro, grammi 30.
Mortadella di Bologna, grammi 20.
Midollo di bue, grammi 60.
Parmigiano grattato, grammi 60.
Uova, n. 1.
Odore di noce moscata.
Sale e pepe, niente.
Tritate
ben fini colla lunetta il prosciutto e la mortadella, tritate
egualmente il midollo senza disfarlo al fuoco, aggiungetelo agli altri
ingredienti ed intridete il tutto coll'uovo mescolando bene. Si chiudono
nella sfoglia d'uovo come gli altri, tagliandola col piccolo stampo del
n. 8. Non patiscono conservandoli per giorni ed anche per qualche
settimana e se desiderate che conservino un bel color giallo metteteli,
appena fatti, ad asciugare nella caldana. Con questa dose ne farete poco
meno di 300, e ci vorrà una sfoglia di tre uova.
Bologna è un gran castellazzo dove si fanno continue magnazze,
diceva un tale che a quando a quando colà si recava a banchettare cogli
amici. Nell'iperbole di questa sentenza c'è un fondo di vero, del
quale, un filantropo che vagheggiasse di legare il suo nome a un'opera
di beneficenza nuova in Italia, potrebbe giovarsi. Parlo di un Istituto
culinario, ossia scuola di cucina a cui Bologna si presterebbe più di
qualunque altra città pei suo grande consumo, per l'eccellenza dei cibi e
pel modo di cucinarli. Nessuno apparentemente vuol dare importanza al
mangiare, e la ragione è facile a comprendersi: ma poi, messa da parte
l'ipocrisia, tutti si lagnano di un desinare cattivo o di una
indigestione per cibi mal preparati. La nutrizione essendo il primo
bisogno della vita, è cosa ragionevole l'occuparsene per soddisfarlo
meno peggio che sia possibile. Uno scrittore straniero dice: “La salute,
la morale, le gioie della famiglia si collegano colla cucina, quindi
sarebbe ottima cosa che ogni donna, popolana o signora, conoscesse
un'arte che è feconda di benessere, di salute, di ricchezza e di pace
alla famiglia”; e il nostro Lorenzo Stecchetti (Olindo Guerrini) in una
conferenza tenuta all'Esposizione di Torino il 21 giugno 1884 diceva: “È
necessario che cessi il pregiudizio che accusa di volgarità la cucina,
poiché non è volgare quel che serve ad una voluttà intelligente ed
elegante. Un produttore di vini che manipola l'uva e qualche volta il
campeggio per cavarne una bevanda grata, è accarezzato, invidiato e
fatto commendatore. Un cuoco che manipola anch'esso la materia prima per
ottenerne un cibo piacevole, nonché onorato e stimato, non è nemmeno
ammesso in anticamera. Bacco è figlio di Giove, Como (il Dio delle
mense) di ignoti genitori. Eppure il savio dice: Dimmi quel che tu mangi e ti dirò chi sei.
Eppure i popoli stessi hanno una indole loro, forte o vile, grande o
miserabile, in gran parte dagli alimenti che usano. Non c'è dunque
giustizia distributiva. Bisogna riabilitare la cucina”. Dico dunque che
il mio Istituto dovrebbe servire per allevare delle giovani cuoche le
quali, naturalmente più economiche degli uomini e di minore dispendio,
troverebbero facile impiego e possederebbero un'arte, che portata nelle
case borghesi, sarebbe un farmaco alle tante arrabbiature che spesso
avvengono nelle famiglie a cagione di un pessimo desinare; e perché ciò
non accada sento che una giudiziosa signora, di una città toscana, ha
fatto ingrandire la sua troppo piccola cucina per aver più agio a
divertirsi col mio libro alla mano. Ho lasciato cader questa idea così
in embrione ed informe; la raccatti altri, la svolga e ne faccia suo pro
qualora creda l'opera meritoria. Io sono d'avviso che una simile
istituzione ben diretta, accettante le ordinazioni dei privati e
vendendo le pietanze già cucinate, si potrebbe impiantare, condurre e
far prosperare con un capitale e con una spesa relativamente piccoli. Se
vorrete i tortellini anche più gentili aggiungete alla presente ricetta
un mezzo petto di cappone cotto nel burro, un rosso d'uovo e la buona
misura di tutto il resto.
1. Brodo
Lo sa il popolo e il comune che per ottenere il brodo buono bisogna mettere la carne ad acqua diaccia e far bollire la pentola adagino adagino e che non trabocchi mai. Se poi, invece di un buon brodo preferiste un buon lesso, allora mettete la carne ad acqua bollente senza tanti riguardi. È noto pur anche che le ossa spugnose danno sapore e fragranza al brodo; ma il brodo di ossa non è nutriente.
In Toscana è uso quasi generale di dare odore al brodo con un mazzettino di erbe aromatiche. Lo si compone non con le foglie che si disfarebbero, ma coi gambi del sedano, della carota, del prezzemolo e del basilico, il tutto in piccolissime proporzioni. Alcuni aggiungono una sfoglia di cipolla arrostita sulla brace; ma questa essendo ventosa non fa per tutti gli stomachi. Se poi vi piacesse di colorire il brodo all'uso francese, non avete altro a fare che mettere dello zucchero al fuoco, e quando esso avrà preso il color bruno, diluirlo con acqua fresca. Si fa bollire per iscioglierlo completamente e si conserva in bottiglia.
Per serbare il brodo da un giorno all'altro durante i calori estivi fategli alzare il bollore sera e mattina.
La schiuma della pentola è il prodotto di due sostanze: dell'albumina superficiale della carne che si coagula col calore e si unisce all'ematosina, materia colorante del sangue.
Le pentole di terra essendo poco conduttrici del calorico sono da preferirsi a quelle di ferro o di rame, perché meglio si possono regolare col fuoco, fatta eccezione forse per le pentole in ghisa smaltata, di fabbrica inglese, con la valvola in mezzo al coperchio.
Si è sempre creduto che il brodo fosse un ottimo ed omogeneo nutrimento atto a dar vigore alle forze; ma ora i medici spacciano che il brodo non nutrisce e serve più che ad altro a promuovere nello stomaco i sughi gastrici. Io, non essendo giudice competente in tal materia, lascierò ad essi la responsabilità di questa nuova teoria che ha tutta l'apparenza di ripugnare al buon senso.
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